RAZIONALE
Il termine ‘genere’ definisce le categorie uomo e donna, fondate sia sulle differenze biologiche, cioè di sesso, sia sui fattori ambientali, socio-culturali ed economici che le condizionano. Infatti secondo la World Health Organization (WHO) il termine ‘gender’ fa riferimento a comportamenti, ruoli sociali, compiti ed attributi che una data società considera appropriati per uomini e donne. La Medicina di genere nasce dall’evidenza dell’esclusione delle donne dalla ricerca e dalla pratica clinica, ma in realtà è un approccio diverso ed innovativo alle diseguaglianze di salute, e non solo a quelle. Riguarda di fatto tutte le specialità del sapere medico tanto che la tendenza attuale è quella di denominarla Medicina genere-specifica. L’obiettivo rimane quello di curare la persona al meglio, maschio o femmina o LGBTQ che sia. Una medicina ‘delle differenze’ che ci dovrebbe portare ad una migliore appropriatezza.
L’Italia, all’avanguardia su questo tema, ha una Legge (la n° 3 dell’11 gennaio 2018) che all’articolo 3 chiede ‘l’applicazione e diffusione della medicina di genere nel Servizio sanitario nazionale’. Il 13 giugno 2019, il Ministro della Salute ha approvato formalmente il Piano per l’applicazione e la diffusione della medicina di genere sul territorio nazionale firmando il decreto attuativo relativo alla Legge 3/2018. Nel corso del convegno analizzeremo questo percorso, approfondiremo un piccolo scorcio di specialità viste in ottica di genere e porremo attenzione alle difficoltà delle donne migranti nell’accedere alla salute e al benessere.
Ma il tema dell’equità, che è al centro anche di questa legge, ci porta ad aprire il discorso sulle donne medico e sui loro ‘percorsi’: la scelta di diventare medico è sempre stata per una donna l’inizio di un percorso difficile. Un tempo le nostre ‘pioniere’ hanno dovuto, per dirla con G. Vicarelli, “mascolinizzare” le loro personalità, adeguandole all’impostazione